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Nell’ambito del diritto internazionale di famiglia accade spesso che i coniugi la cui relazione sia connotata da elementi di “estraneità” (uno o entrambi sono cittadini stranieri o cittadini italiani residenti all’estero), prima di procedere con la separazione giudiziale – sempre che non sussistano i presupposti per una separazione consensuale – non siano in grado di individuare l’Autorità giudiziaria alla quale rivolgersi, vale a dire l’Autorità di quale paese a cui rivolgersi. Ciò, all’evidente scopo di non incorrere in una declaratoria di natura processuale che rilevi il difetto di giurisdizione, con evidente perdita di tempo e di denaro in capo a chi ha introdotto il giudizio.
La questione, poi, diviene ancora più rilevante se, insieme alla domanda di separazione concernente la modifica dello status di coniugi, uno dei due proponga, come di solito accade, anche ulteriori domande accessorie quali, ad esempio, la domanda di addebito della separazione, la domanda di affidamento dei figli minori e/o la richiesta di mantenimento.
In tal senso il quesito giuridico rispetto al quale si intende far chiarezza riguarda la competenza a decidere sulla domanda principale e su quelle accessorie e, più dettagliatamente, l’analisi dei criteri di individuazione della giurisdizione.
Senza dilungarci sulla corretta individuazione della giurisdizione circa la domanda di addebito della separazione tra coniugi stranieri (ad oggi ancora oggetto di un contrasto all’interno della giurisprudenza di merito italiana), il regolamento UE n. 2201/2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, all’art. 3, stabilisce una serie di criteri di attribuzione della competenza giurisdizionale che si basano sostanzialmente sulla residenza dei coniugi ovvero sulla cittadinanza degli stessi.
Cosa succede però quando il giudice deve pronunciarsi anche sulle domande relative alla responsabilità genitoriale?
Ebbene, l’art. 8 del citato regolamento afferma che “le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono aditi”.
In altri termini quindi, l’Autorità giudiziaria competente sarà quella nel cui territorio risiede abitualmente il minore, tale quindi da risultare la più adatta a trattare il caso in base al criterio di vicinanza e quindi in grado di garantire il superiore interesse del minore.
La nozione di “residenza abituale” del minore presenta tuttavia una connotazione peculiare, che si distingue dal concetto generale di residenza intesa, ex art. 43 c.c., quale dimora abituale di una persona fisica in quanto, stando all’insegnamento della Corte di Giustizia della Unione europea, essa corrisponde al “luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare, tenendo conto della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato” (ex multis, CG 28 giugno 2018, C-512/17).
Inoltre, al fine di distinguere la residenza abituale da una mera presenza momentanea, questa deve essere di una certa durata, così da esprimere una stabilità sufficiente (v. CG 2 aprile 2009, C-523/07).
Invero, nel caso siano state proposte delle domande accessorie alla domanda di separazione, quali ad esempio quella di affidamento e mantenimento del figlio minore, la giurisdizione su tali ultime domande appartiene al giudice del luogo in cui il minore risiede abitualmente e ciò, proprio perché, in base al criterio di vicinanza, a conoscere della domanda concernente un minore non può essere qualsiasi giudice (come magari quello competente a conoscere della domanda di separazione giudiziale) bensì, esclusivamente il giudice dello Stato membro ove appunto risiede il minore in quanto la fase istruttoria potrà essere svolta in maniera più completa ed efficace.
Ciò posto, salvo il caso in cui il coniuge convenuto abbia accettato la competenza, in forza del criterio del superiore interesse del minore e del criterio della vicinanza, il processo inizialmente instaurato presso un unico giudice, si dovrà scindere in più procedimenti di competenza di Autorità giudiziarie appartenenti a differenti Stati, laddove ad esempio il luogo di residenza abituale dei coniugi o di uno dei due coniugi non dovesse corrispondere al luogo di residenza abituale del minore (v. da ultimo, Cass. Civ., Sez. Unite, 21 dicembre 2020, n. 29171).
Vi sono infine dei casi eccezionali nei quali, il Regolamento in esame, per il tramite dell’art. 15, consente di trasferire la causa o parte di essa al giudice di un altro Stato membro ritenuto più adatto a trattare il caso, sempre qualora ciò sia in funzione dell’interesse superiore del minore.
In conclusione quindi, prima di accettare il contradditorio su tutte le domande, è opportuno verificare preliminarmente se, in base alle norme processuali europee vigenti, si configurino i presupposti per il trasferimento ad una giurisdizione più adatta alle esigenze del caso.
di Stefano Cuomo Avvocato, Family Law Italy – www.familylawitaly.com – s.cuomo@familylawitaly.com – cell.+39/338 5221487