Il pagamento diretto del terzo nel diritto di famiglia: breve analisi del nuovo art. 473bis.37 c.p.c.

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Il pagamento diretto del terzo nel diritto di famiglia: breve analisi del nuovo art. 473bis.37 c.p.c.

L’ordine di pagamento diretto del terzo [1], recentemente disciplinato dall’articolo 473bis.37 c.p.c, non è istituto sconosciuto al diritto di famiglia.

In realtà, ad essere nuova è la collocazione all’interno del codice di procedura civile, Titolo IV bis, Capo II, sezione III, dove si parla espressamente di pagamento diretto del terzo, mentre in passato la possibilità di disporre tale misura era prevista esclusivamente all’interno di una legge speciale e dal codice civile.

Analizzando l’articolo in esame, si intravedono subito alcune novità rispetto al passato e, nel contempo, appare cosa utile fare alcune, brevi, precisazioni.

L’art. 473bis.37 stabilisce che il creditore cui spetta la corresponsione periodica del contributo in favore suo o della prole, dopo la costituzione in mora del debitore, inadempiente per un periodo di almeno trenta giorni, può notificare il provvedimento o l’accordo di negoziazione assistita in cui è stabilita la misura dell’assegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al soggetto obbligato, con la richiesta di versargli direttamente le somme dovute, dandone comunicazione al debitore inadempiente.

Stando alla lettura del primo comma, una volta ottenuto un provvedimento contente ordine di pagamento diretto del terzo, prima di rivolgersi a quest’ultimo, appare necessario procedere alla notifica del provvedimento giudiziale al soggetto tenuto a versare gli alimenti, insieme con una diffida ad adempiere. Solamente trascorsi trenta giorni dalla notifica, persistendo l’inadempimento, è possibile procedere alla notificazione del titolo giudiziario (o negoziale) al terzo, al quale rivolgere altresì richiesta di pagamento diretto delle somme periodicamente dovute dal soggetto obbligato principale. E’ prevista anche un’ulteriore, successiva, comunicazione al debitore principale dell’avvenuta richiesta di pagamento rivolta al terzo.

Dall’esame della disposizione, non sembra possibile quindi procedere ad esecuzione forzata del terzo, se prima non si è proceduto alla notifica al debitore, e poi al terzo, del titolo e della richiesta di pagamento, secondo le modalità sopra analizzate.

Il secondo comma stabilisce poi che il terzo è tenuto al pagamento dell’assegno dal mese successivo a quello in cui è stata effettuata la notifica e che, ove il terzo non adempia, il creditore ha azione esecutiva diretta nei suoi confronti per il pagamento delle somme dovute.

Questo comma sembra sintetizzare un bilanciamento delle contrapposte esigenze di tutela del creditore di un assegno di mantenimento con quelle del terzo -parte estranea alla controversia familiare- e dal quale quindi non si può esigere il pagamento di quanto potrebbe aver già corrisposto nell’arco temporale a decorrere dall’emissione dell’ordine di pagamento sino alla richiesta ad esso indirizzata. Per questo motivo, pertanto, il terzo sarà tenuto al pagamento diretto in favore del creditore dell’assegno di mantenimento/divorzile, solamente a partire dal mese successivo a quello della notifica a lui effettuata.

Il fatto poi di essere tenuto al pagamento dell’assegno dal mese successivo, lascia intendere che tale pagamento in favore del creditore dovrà essere effettuato periodicamente, senza che sia necessaria una ulteriore richiesta. Ovviamente ciò, sempre che persista l’inadempimento dell’obbligato principale. D’altronde, il rischio del terzo di pagare al creditore quanto già pagato dal debitore principale, una volta concluso l’iter delle varie preliminari notifiche, non dovrebbe sussistere, in quanto il rapporto con l’obbligato principale, normalmente, dovrebbe escludere ogni possibile successiva asimmetria informativa.

Ciò detto, nel caso di inadempimento anche del terzo, il creditore ha azione esecutiva diretta nei suoi confronti.

Questo vuol dire che il creditore potrà, a sua scelta, decidere se notificare direttamente al terzo un pignoramento mobiliare, immobiliare, così come un pignoramento presso terzi al fine, in questo ultimo caso, di pignorare il conto corrente del terzo stesso. Eventualmente, anche notificarli tutti insieme, nei modi e nei limiti di cui all’art. 483 c.p.c..

In ogni caso, concluso il procedimento richiesto dall’art. 473bis.37, non sarà necessario per procedere ad esecuzione forzata notificare un preliminare atto di precetto, in quanto sia il terzo che il debitore principale saranno già stati intimati ad adempiere e, simile richiesta, risulterebbe pleonastica.

L’attuale articolo di legge sembra quindi aver recepito sostanzialmente quanto già era previsto per la fase di scioglimento del matrimonio dall’art. 8 della Legge sul Divorzio -ora abrogato- che stabiliva un procedimento semplificato e più celere rispetto a quanto invece era previsto dall’art. 156, comma sesto del codice civile, in sede di separazione.

Tra l’altro, nella fase della separazione, non era prevista la possibilità di procedere con l’esecuzione forzata nei confronti del debitor debitoris, in caso di mancato pagamento di quest’ultimo.

Invero, nel caso in cui il terzo si rifiutava di adempiere, contestando l’esistenza del debito, il creditore era tenuto ad instaurare un giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, cosa che invece non era necessaria in caso di divorzio, essendo normativamente prevista la possibilità di esperire azione esecutiva direttamente contro il terzo, in caso di suo inadempimento.

Il fatto che vi fossero diverse normative che disciplinavano l’istituto, aveva determinato nel tempo la necessità di effettuare delle modifiche legislative, sia per recepire le diverse pronunce di illegittimità costituzionale susseguitesi nel tempo, che per riportare ad uniformità l’istituto.

Nel frattempo però permaneva una certa confusione e diversi problemi di tipo ermeneutico, senza considerare la necessità di ricorrere ad un procedimento camerale con instaurazione del contraddittorio con il debitore principale.

Per ovviare a tale situazione, è stata quindi prevista in via generale e direttamente all’interno del codice di procedura civile, la possibilità per il creditore cui spetta la corresponsione periodica dell’assegno di mantenimento di azionare in maniera celere il proprio credito, anche nei confronti del terzo (laddove il giudice ritenga vi siano i presupposti) il quale, tenuto al pagamento, risulti essere inadempiente e ciò, sia durante la separazione che successivamente ad essa, così come durante il giudizio di divorzio ovvero in seguito alla sua definizione.

Un’altra novità sembra essere la seguente: a differenza che in passato, appare essere venuto meno il limite previsto dall’art. 8 della Legge sul divorzio, in cui differentemente si disponeva che l’ordine di pagamento non potesse mai superare la metà delle somme dovute al coniuge, compreso assegni ed emolumenti periodici.

In effetti, anche sulla scorta di tale disposizione, si era formato un orientamento giurisprudenziale (a dire il vero di merito e del tutto minoritario) che riteneva si dovessero applicare i limiti di cui al pignoramento degli stipendi (si veda, ad esempio, Trib. Como ord. 3 luglio 2013).

Ad oggi, stante quanto stabilito dal nuovo art. 473bis.37 c.p.c., simile posizione dovrebbe essere definitivamente superata, con la conseguenza che risulta confermato quell’orientamento della Suprema Corte la quale aveva già avuto modo di specificare come fosse consentito al giudice disporre il pagamento diretto dell’intera somma dovuta dal terzo (si veda, Cass. 2 dicembre 1998, n. 12204 e, da ultimo, Cass. 06 settembre 2021, n. 24051).

Non è quindi un caso se nell’articolo 473bis.37, c.p.c., non è più fatto riferimento al limite della metà della somma dovuta al coniuge/debitore principale.

A conferma di ciò, si pone anche l’art. 545, comma terzo, c.p.c., il quale proprio in tema di espropriazione di credito alimentare, statuisce che possono essere pignorati stipendi o salari, nella misura autorizzata dal presidente del Tribunale o da un giudice da lui delegato.

[1] per “terzo” si intende colui il quale deve periodicamente delle somme di denaro al debitore principale. Ad esempio, può essere il datore di lavoro, così come un ente previdenziale del familiare obbligato alla prestazione di mantenimento.

Stefano Cuomo è un Avvocato di formazione civilista, operativo su Roma quale avvocato internazionalista privato e di famiglia. Collabora da diversi anni con lo studio legale Family Law Italy. È membro dell’associazione internazionale di avvocati italiani o di lingua italiana Italawyers www.familylawitaly.coms.cuomo@familylawitaly.com – cell.+ 39 338 5221487 – www.italawyersinternational.com

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