Per il riconoscimento dei matrimoni islamici in Italia

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Per il riconoscimento dei matrimoni islamici in Italia

Fra i tanti aspetti del diritto di famiglia che non si credevano possibili fino a qualche anno fa e che lo sono diventati è forse giunto il momento di svolgere una riflessione sull’argomento in questione.

La drastica diminuzione dei matrimoni delle coppie italiane a favore delle convivenze non registrate, considerate da un largo numero di giovani coppie come più in linea con i tempi, non deve far dimenticare infatti che tra gli appartenenti ad altre culture l’istituzione matrimoniale ha ancora una grande popolarità.

La questione è di non piccola importanza considerato che siamo diventati un Paese di immigrazione, anziché di emigrazione come lo eravamo solo fino a qualche decennio fa. La popolazione di cittadini stranieri in Italia nel 2022 è stata infatti pari al 8.7% quanto ad immigrati “regolari” ( v. https://noi-italia.istat.it/pagina.php?L=0&categoria=4&dove=ITALIA ): immaginare un totale effettivo pari al 10% della popolazione non dovrebbe essere troppo distante dalla realtà.

Come si ricorderà nel nostro Paese vige ancora la fondamentale distinzione fra matrimoni celebrati davanti a Ministri del culto cattolico (art. 82 del c.c.) e matrimoni celebrati davanti a ministri dei culti “ammessi” (art. 83 ivi): tale distinzione fa perno sui Patti Lateranensi fra Stato e Chiesa (art. 7 della Costituzione) articolati sulle due Leggi del Concordato n. 810 del 27 maggio 1929 e L. 121 del 25 marzo 1985.

Da ciò la importante conseguenza che un buon numero di coppie che abbiano contratto matrimonio secondo leggi, usanze, religioni diverse da quella maggioritaria non godono di alcuna tutela, a meno che gli sponsali non richiedano la registrazione della loro unione ad un ufficiale di stato civile.

In seguito alla circolazione sempre più intensa di modelli familiari differenti, i casi in cui le trascrizioni di atti esteri concernenti cittadini stranieri sono stati portati all’attenzione dei giudici italiani sono aumentati, con la necessità di confrontare la validità di tali atti alla luce del contesto normativo nazionale, non essendo applicabile in materia il regolamento (CE) n. 2201/2003.

Per esempio in materia di ripudio islamico, o talaq, da alcuni assimilato al divorzio benché palesemente contrario all’ordine pubblico, si è confrontata più volte la Giurisprudenza di legittimità con le sentenze n. 17170 del 14 agosto 2020 e la 16804 del 7 agosto 2020, giungendo tuttavia a risultati non univoci, che rendono incerto l’orientamento.

Né la situazione appare migliore al di fuori dei confini nazionali.

Per esempio, in un celebre caso svoltosi tra il 2018 e il 2020 ove la moglie, contraente di un matrimonio religioso islamico, detto nikah, chiedeva il divorzio ai giudici inglesi, la High Court di Londra chiarì che esistono tre tipi di matrimonio: valido, nullo, inesistente. Per non lasciare la moglie completamente senza tutela occorreva far ricadere il matrimonio contratto secondo la sh’aria almeno sotto i dettami della Family Law. Purtroppo, in sede di appello la sentenza fu ribaltata così “assestando un serio colpo ai diritti umani della comunità islamica” ( v. https://www.theguardian.com/world/2020/feb/14/islamic-faith-marriages-not-valid-in-english-law-appeal-court-rules ).

Di fatto, mantenendo la distinzione tra matrimonio celebrato davanti all’ufficiale di stato civile e ai ministri del culto cattolico, da una parte e matrimonio dinanzi ai culti ammessi, dall’altra parte una vasta schiera di soggetti deboli vengono lasciati senza tutela.

Occorrerebbe un serio ripensamento.

Marco Calabrese Avvocato, Family Law Italy, via Domenico Chelini 20 Roma

+ 39 3289112809 – +39 068075014 m.calabrese@familylawitaly.com

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