Diritto agli alimenti: soggetti responsabili, presupposti e modi di adempimento.

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Diritto agli alimenti: soggetti responsabili, presupposti e modi di adempimento.

Accade spesso in ambito familiare che, in adempimento del generale principio di solidarietà, il congiunto bisognoso riceva un contributo economico da un proprio familiare con il quale, spesso, sussiste un rapporto di relazione più stretto.

Tuttavia, non tutti sanno chi a livello giuridico è veramente tenuto a garantire gli alimenti in ambito familiare e, soprattutto, in quale ordine di preferenza e secondo quali presupposti.

A tal riguardo, l’art. 433 del codice civile stabilisce che, in primo luogo, sia tenuto il coniuge. In sua assenza o impossibilità economica, in ordine immediatamente successivo, tenuto agli alimenti è il figlio, anche adottivo, e, in sua mancanza, il discendente prossimo. Seguono poi i genitori e, solo in loro mancanza, gli ascendenti prossimi e gli adottanti, i generi e le nuore e, ancora in via sussidiaria, il suocero e la suocera.

Solo per ultimi, infine, tenuti a garantire la prestazione alimentare sono i fratelli e le sorelle germani, con precedenza di questi ultimi sui fratelli unilaterali.

Stesso diritto spetta poi al convivente more uxorio il quale, stante quanto disposto dall’art.1, comma 65, ultimo periodo, della c.d. Legge Cirinnà, in caso di cessazione della convivenza, può ricevere una prestazione alimentare dal proprio ex-convivente.

Per quest’ultimo tuttavia è stabilito che l’obbligo sia adempiuto con precedenza sui fratelli e sulle sorelle dell’avente diritto, senza quindi fare riferimento anche agli altri parenti indicati per ordine nell’art. 433 c.c..

Solo per ciò che concerne le convivenze di fatto, inoltre, l’art 1, comma 65, legge n. 75/2016, prevede che gli alimenti siano assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza.

Presupposto per ottenere la prestazione alimentare è la sussistenza di uno stato di bisogno del richiedente, in quanto non in grado di provvedere al proprio mantenimento.

Più precisamente, ai fini del riconoscimento del diritto agli alimenti, il giudice è chiamato a valutare complessivamente entrambi i suddetti elementi. In altri termini, tale diritto è legato alla prova dello stato di bisogno e della ulteriore impossibilità da parte dell’alimentando di provvedere, in tutto o in parte, al proprio sostentamento per la mancanza di mezzi sufficienti al soddisfacimento delle sue necessità primarie.

Non potrà trovare accoglimento, pertanto, una domanda di alimenti laddove l’alimentando, pur avendo dato prova di versare in uno stato di bisogno, non abbia fornito l’ulteriore prova circa la propria invalidità al lavoro e la coseguente impossibilità, per circostanze a lui non imputabili, di trovarsi una occupazione (si veda, tra le ultime, Cass., 14.4.2023, n. 10033).

Con più specifico riferimento alla materia degli alimenti tra ex conviventi, si registra all’interno della giurisprudenza di merito una sostanziale applicazione dei suddetti principi in tema di presupposti per il riconoscimento del diritto agli alimenti (si veda, ad esempio, Trib Milano, Sez IX, del 12.7.2019).

Stabilito quindi quali sono i requisiti richiesti dalla legge, si deve poi considerare che gli alimenti devono essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli, senza superare quanto necessario per la vita del soggetto beneficiario, avuto riguardo alla sua posizione sociale.

Questo perché, a differenza del mantenimento, gli alimenti hanno natura assistenziale e sono attribuiti per fronteggiare una situazione eccezionale di difficoltà, di stato di bisogno della persona che non sia in grado di provvedere autonomamente alle proprie, basilari, esigenze di vita, quali il vitto o l’alloggio, ad esempio.

Dall’altro lato, però, anche la condizione economica della persona obbligata alla somministrazione degli alimenti dovrà essere tenuta in considerazione.

Ma in che modo può essere adempiuta tale obbligazione? Ebbene, l’obbligazione alimentare rappresenta una obbligazione alternativa nel senso che il soggetto tenuto all’obbligo di versare gli alimenti, per liberarsi, può scegliere come adempiere, optando per la corresponsione di una somma di denaro (il c.d. assegno alimentare) oppure decidendo di accogliere nella propria casa colui che vi ha diritto e provvedere in tal modo al suo mantenimento.

Infatti, l’adempimento di una delle due prestazione libera il familiare da quanto tenuto, anche se non mancano alcuni autori che, più precisamente, sostengono che l’obbligazione alimentare in realtà costituisca pur sempre una obbligazione semplice la quale, tuttavia, può essere adempiuta secondo diverse modalità.

In ogni caso, laddove vi sia contrasto tra le parti circa la modalità di adempimento, solo l’Autorità giudiziaria potrà, secondo le circostanze, determinare il modo della somministrazione e dirimere così la controversia.

La domanda si presenta con ricorso al Tribunale, secondo il nuovo rito unico in materia di persone, minorenni e famiglie, come da ultimo introdotto dalla c.d. riforma Cartabia.

di Stefano Cuomo Avvocato, Family Law Italy – www.familylawitaly.com – s.cuomo@familylawitaly.com / avv.stefanocuomo@gmail.com – cell.+39 338 522 14 87

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